Flessibilità per risolvere il puzzle in 3D del cambiamento

Pubblicato da: Liana Astrologo Categoria: Lavoro e mentoring

Mentoring, flessibilità e cambiamento

Nel precedente articolo, vi abbiamo offerto un piccola immersione sul doppio vantaggio del mentoring: migliora la perfomance aziendale, lavorando su upskilling specifici, e rende persone e organizzazioni flessibili, pronte al cambiamento.

Oggi affrontiamo il “come”.

Flessibilità, approccio “multidimensionale”: i due ingredienti del cambiamento. Senza, l’impasto non lievita.

A livello individuale, ogni cambiamento implica importanti riorganizzazioni mentali ed emotive. 

In azienda, tale impatto avviene sia sui singoli, sia sulla struttura organizzativa. 

Ciò significa che bisogna operare a due livelli

  • coinvolgendo le persone in percorsi individuali, per evitare che ostacoli perturbino la navigazione verso gli obiettivi di cambiamento 
  • a livello organizzativo, per assicurare una complessiva navigazione veloce e fluida verso obiettivi mirati

Il mentoring fa proprio questo:

  • coinvolge le persone in relazioni uno a uno/a pochi, spazi sicuri in cui gli individui riorganizzano la mente in vista dei nuovi obiettivi
  • svolge un’attenta e silenziosa regia sulla rete di relazioni, allineando, motivando focalizzando e gestendo gli ostacoli.

Obiettivo: creare una sorta di “mente collettiva” che:

  • elabori il cambiamento
  • crei ed impari a usare metodi e strumenti per agire in futuro

In tal modo si formano persone flessibili, pronte al cambiamento, capaci di rimodellare, decostruire e ricostruire nuovi dati ed esperienze. Di sormontare ostacoli mentali ed emotivi al cambiamento

La propria organizzazione diventa una barca da regata coordinata, motivata, focalizzata. In una parola, efficace.  

In sintesi: il mentoring prepara individui E organizzazioni al cambiamento.

Premessa: Come funzioniamo a livello individuale

Semplificando al massimo: il nostro cervello é una macchina naturale di trasformazione di informazioni in azione.

Gli organi sensoriali acquisiscono dati dall’ambiente esterno. 

Attraverso le parti motorie del nostro corpo, li trasformiamo in azioni.

Tale passaggio avviene attraverso la nostra mente, che elabora conoscenze ed emozioni.

Immaginatevi mentre fate un puzzle, la nostra barca da regata che viaggia a tutta velocità .

I pezzi del puzzle sono le informazioni che ci arrivano tramite l’esperienza del mondo esterno.

Il nostro cervello cerca il migliore incastro e quando lo trova comanda l’azione alle parti motorie.

Inizialmente farete molti tentativi.

Progressivamente procederete più velocemente.

Comincerà a delinearsi una parte dell’albero o dello scafo e voi avrete acquisito “più occhio” nel trovare pezzi combacianti.

 

Costruire significati per “accendere” l’azione al cambiamento

In psicologia, le immagini parziali, parte di albero o di scafo, si chiamano significati.

Noi elaboriamo le informazioni e costruiamo un significato personale di un evento.

Quando ciò è avvenuto siamo pronti all’azione. 

Così funziona la nostra mente.

Integra e organizza dati sensoriali finché si forma immagini provvisorie, ovvero significati iniziali di come si presenterà la figura intera.

Tutta la nostra vita è un processo di costruzione di una “mappa di significati” personali, che ci consentano di vivere nel mondo

Tale mappa è il presupposto necessario per: 

  • fare previsioni e orientare la nostra azione nel cercare i modi più efficaci per proseguire
  • spingerci all’azione, continuando a integrare pezzi per raggiungere un risultato sempre più completo.

Ogni fatto, evento decisione futura passerà allo scandaglio dei significati precedenti.

Se questi non ci aiutano a trovare una soluzione a un problema, la nostra mente cercherà significati nuovi.

Questa è in sintesi la flessibilità della nostra mente: la capacità di

  • approcciare e riapprocciare la nostra esperienza da molte prospettive diverse
  • costruire una mappa di significati

Per permetterci di agire in modo orientato e adattivo

 

Gli ostacoli all’azione

Il processo non è lineare : richiede tempo per provare più incastri, fino a trovare quello giusto.

Implica il superamento di ostacoli mentali ed emotivi: paura di ciò che non conosciamo o è ancora indefinito.

Timore di giudizi dei colleghi e della  nostra valutazione aziendale.

Senso di inadeguatezza per bassa padronanza di nuove competenze…Rabbia, frustrazione, aggressività.

Tutti nemici naturali della flessibilità  e dell’azione.

Portano le persone a una performance “povera” e ad un rallentamento dei ritmi.

Le organizzazioni si muovono a singhiozzo, in maniera inefficiente

Senza flessibilità, l’azienda è potenzialmente una barca da regata con un team preparato e motivato

In atto una barchetta da pesca con un equipaggio mal assortito

Le relazioni per negoziare significati condivisi

Non basta saper integrare informazioni sempre più complesse, dare un senso a ciò che stiamo elaborando e agire di conseguenza.

Un ruolo centrale, specie nel dare significato, si gioca all’interno delle nostre relazioni: da qui provengono moltissimi stimoli

Sempre qui si negoziano significati, che ci rendano efficaci nel contesto sociale.

Nelle relazioni, attraverso una crescita anche emozionale, costruiamo la nostra identità. 

E un’identità ben integrata è alla base della flessibilità.  Anche a livello di organizzazione.

 

Come funzionano le organizzazioni

Oggi il puzzle è 3D. Non conosciamo la forma finale, le istruzioni sono spesso inesistenti e scarse. I pezzi hanno forme e tipi di incastro diversi.

Dall’ambiente esterno arrivano sempre più dati.

Aziende e organizzazioni in generale sono organismi.

Il processo di costruzione di significati deve avvenire a livello prima individuale, poi collettivo perché si possa passare all’azione in maniera efficace e allineata sugli obiettivi. 

Perché un’azienda possa rispondere alle sfide odierne deve continuamente aggiornare modi di lavoro, sviluppare nuove competenze, reinventarsi.

E coinvolgere quante più persone possibili, perché parti dell’organismo non rimangano indietro. 

Serve una mente collettiva che elabori un orizzonte di senso comune che spinga tutto l’organismo all’azione.

Nelle organizzazioni ciò coincide, almeno in parte, nella vision, nella mission e nei valori.

Sono l’immagine finale del puzzle che rappresenta dove l’azienda vuole andare, in che modo, attraverso quali relazioni tra le persone/modalità di lavoro. 

Ma perché abbiano davvero un senso per tutti, non basta enunciarli.

E’ necessario che siano condivisi e diventino “esperienza” quotidiana per tutti.

E perché ciò avvenga, il loro significato va negoziato tra le persone che dell’organizzazione fanno parte. Attraverso un’ampia rete di relazioni di mentoring

Come funziona il mentoring nelle organizzazioni

Il mentoring funziona naturalmente come la nostra mente: trae informazioni dall’esperienza, le elabora, immagina possibili integrazioni che abbiano un significato per gli individui, comanda l’azione.

E’ una formazione esperienziale che parte dall’esperienza personale degli individui per arrivare ad un cambiamento organizzativo.

Come?

Partiamo da un esempio concreto: un’azienda  che voglia adottare un nuovo modello di leadership

FASE PREPARATORIA

Si forniscono ai mentee (chi è in apprendimento) strumenti per focalizzare in autonomia l’esperienza personale sulla leadership vissuta nel contesto aziendale fino a quel momento e le aspettative sul futuro.

Cosa cambia? Come? Quali cambiamenti richiede a te? In quali comportamenti? In Quali occasioni?

FASE DI ELABORAZIONE

Il mentee è accompagnato in un percorso di riflessione “potenziata” fatto di incontri cadenzati con una persona esperta (il mentore).

L’obiettivo è integrare attuale e futuro modello di leadership e creare nuovi significati basati su nuovi modelli, competenze, abilità.

In tale fase quindi, si sistemano i pezzi del nostro puzzle in 3D.

Mentor e mentee negoziano insieme i significati . Immaginano nuove modalità, comportamenti e strumenti per agire nel futuro.

Affrontano e superano eventuali ostacoli operativi, relazionali, emozionali.

Si spiana il terreno per l’azione

FASE DI TEST IN AZIONE

Alla riflessione segue un piano di azioni condiviso che il mentee si impegna a implementare.

In tale fase il confronto verte su competenze, comportamenti e azioni utili a raggiungere gli obiettivi prefissati

Si identificano le occasioni di lavoro (meeting, presentazioni, eventi) in cui il mentee è chiamato a metterle in pratica.

E’ la fase di test di quanto si è appreso: il vantaggio è che avviene nella realtà quotidiana lavorativa

Ogni step del piano è seguito da un incontro di confronto guidato sulle azioni del mentee.

FASE FINALE

Valutazione condivisa mentor-mentee sul livello di padronanza della competenza raggiunta e sugli esiti della relazione.

In sintesi: il mentoring da al sistema la flessibilità che serve ad attuare il cambiamento, 

La relazione di mentoring, attraverso gli stimoli che ne scaturiscono, consente al mentee di elaborare più profondamente il cambiamento richiesto.

Questo gli serve a:

  • trovare un significato frutto della negoziazione tra bisogni/caratteristiche individuali e aziendali 
  •  mettere in campo azioni e comportamenti che lo rendano efficace in quel contesto

La rete di relazioni è nel suo insieme la mente collettiva che elabora l’orizzonte di senso condiviso e spinge l’organismo all’azione. 

I gruppi di confronto tra pari (gruppo mentor e gruppo mentee) , che si attivano durante i percorsi e sono animati dal tutor di mentoring, amplificano la socializzazione del senso/direzione in cui procedere.  

Aumentano la creatività nell’identificare nuovi strumenti e modalità di lavoro per il futuro. Facilitano il test nella realtà e tengono alta la motivazione ad agire mirati.

E quale ruolo svolge il mentore? Scoprilo nel prossimo articolo

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